Il comunicato stampa dell’Agcom recita così:
Il Consiglio dell’Agcom, all’esito dell’istruttoria avviata per verificare il rispetto dei principi di parità di accesso e pluralismo politico nei programmi “In mezz’ora”, “Che tempo che fa” e “Ballarò” nel ciclo di programmazione 2012-2013, ha ordinato alla Rai di riequilibrare, garantendo una maggiore presenza di esponenti del Pdl nei programmi “In mezz’ora” e “Che tempo che fa” previsti per il prossimo ciclo 2013-2014. Il programma “Ballarò” è stato invece giudicato non lesivo dei principi di pluralismo e quindi non oggetto di intervento.
Insomma, Renato Brunetta aveva ragione, almeno tecnicamente e almeno per quanto riguarda 2 programmi su tre. Nelle scorse settimane il capogruppo alla Camera del Pdl aveva infatti presentato degli esposti all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per chiedere che venisse ripristinato il rispetto del pluralismo in alcuni programmi di Rai3, la cui colpa era di ospitare troppo spesso esponenti del centrosinistra.
E così è stato, eccezion fatta per il talk show di Giovanni Floris, salvato dall’Agcom. L’ordine è abbastanza chiaro: i programmi di Lucia Annunziata e di Fabio Fazio nella prossima stagione tv devono dare più spazio a personalità del centrodestra.
E così è stato, eccezion fatta per il talk show di Giovanni Floris, salvato dall’Agcom. L’ordine è abbastanza chiaro: i programmi di Lucia Annunziata e di Fabio Fazio nella prossima stagione tv devono dare più spazio a personalità del centrodestra.
I senatori del Pdl Maurizio Gasparri e Augusto Minzolini hanno commentato la notizia parlando di “sconfitta” per il dg Luigi Gubitosi, che aveva difeso il comportamento della Rai. Brunetta ha invitato il dg a chiedere scusa e, persino, a dimettersi. Su Twitter il direttore della terza reteAndrea Vianello ha detto la sua (ribadendo quanto già espresso in una recente intervista a Il Corriere della Sera):
La risposta di Brunetta non si è fatta attendere:
Fazio il predicatore prova a giustificarsi chiamando in causa la par condicio. Non funziona così, non si possono accampare scuse sul nulla. Il pluralismo dell’informazione, in una rete del servizio pubblico, non può essere messo da parte perché il buon Fazio e la sua band devono ‘raccontare la contemporaneità’, così come la concepiscono e la vedono loro. Deve finire una volta per tutte il tempo di Telekabul. Chi lavora, profumatamente pagato, per la radio televisione italiana pubblica deve riporre nel cassetto la bandiera rossa ed essere equilibrato e rispettoso nei confronti di tutte le sensibilità che esistono in questo nostro grande Paese.
Lucia Annunziata, che non è iscritta a Twitter (pensate, la direttrice dell’Huffington Post in Italia non ha Twitter!), ha commentato in modo più articolato l’ordine impartito dall’Autorità presieduta da Angelo Marcello Cardani, come riporta La Repubblica:
Se alla Rai non piace quello che faccio, io vado via. Ho una partita Iva da libera professionista, il mio contratto scade fra tre anni, la Rai può fare quello che vuole (…) Sul banco degli imputati ci sarei andata, ma non mi hanno neppure chiamato. Avrei potuto dire che nel periodo in questione ho invitato ben nove nomi di area Pdl, ricevendo altrettanti no.
La giornalista, ex presidente della Rai, ha aggiunto spiegando che avrebbe voluto esprimere le sue ragioni in Vigilanza Rai:
Il paradosso è che ho invitato pure Brunetta, il giorno della manifestazione a Brescia, ma non voleva stare in collegamento. Altri inviti a vuoto? Alfano, Schifani, Verdini. Sorprende questa veemenza dell’Agcom verso Rai3. Sicuro che su Rai1 e Rai2 non ci siano violazioni? Io obbedirò, ma fatemi dire che i nostri conti sulla presenza dei politici in campagna elettorale sono diversi. Ricordo che nel programma Leader ho avuto ospite Silvio Berlusconi per 2 ore e 6 minuti: forse era il Pd che si sarebbe dovuto lamentare sulla par condicio. (…) Forse non dovremmo più seguire l’attualità. Dovremmo limitarci. Brunetta ci vede come dei vigili urbani.
È chiaro che quelli di Vianello, Fazio e Annunziata siano ragionamenti più che seri. Se la tv ha la funzione di raccontare la contemporaneità è assurdo imporre dei vincoli legati in modo ferreo al minutaggio delle ospitate. E ricordiamolo una volta di più, con estrema semplicità: se in tv c’è un esponente di un dato partito non è detto che l’immagine di quel dato partito ne esca migliorata alla fine dell’intervista. Anche se qui sembra che i politici abbiano solo voglia di esserci, di parlare, di presenziare. Perché la tv dà voti. Ma evidentemente questo non avviene sempre e in ogni caso non basta; altrimenti avremmo Marchini sindaco di Roma, Santanché presidente della Camera (ci siamo quasi, sì) e Renzi Premier (ci siamo quasi, sì).
Fonte:Tvblog
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